Verso il 75° del martirio di don Venturelli

Memoria di un presbitero testimone

Don Francesco Venturelli, parroco di Fossoli

Nella sua prima Lettera Pastorale al popolo di Dio della Chiesa di Carpi (1° ottobre 2019) il nostro vescovo Erio Castellucci ha riconosciuto che “la Chiesa di Carpi è una terra di testimoni eccezionali”. Fra questi “…si deve ricordare in tempi recenti la figura di don Francesco Venturelli, impegnato fra il ’43 e il ‘46 nell’assistenza al campo di concentramento di Fossoli”, vittima poi di un omicidio mai chiarito. Nel prossimo gennaio ricorre il 75° anniversario della morte tragica di questo nostro presbitero e, come Chiesa di Carpi, vorremmo rinnovare e intensificare la memoria della figura umana e del profilo spirituale di don Francesco Venturelli, parroco di Fossoli, testimone di carità verso il prossimo, chiunque fosse, e di fedeltà al proprio ministero sacerdotale. Nei giorni di quel tragico evento, dato il clima sociale e politico assai lacerato nelle nostre terre, fu scelta dal vescovo Dalla Zuanna una linea prudente, al fi ne di non alimentare le tensioni, con rischio di possibili ulteriori violenze.

Oggi si vorrebbe sollevare con più decisione il velo che ha reso opaca la storia di questo prete eccezionale nella sua eroicità di santo “della porta accanto”, anche se, però, le testimonianze sono difficili da trovare, dopo tanto tempo. I tratti salienti della sua persona rivelano una vocazione cristiana e sacerdotale vissuta pienamente, forse non in primissimo piano, ma portata fi no in fondo risolutamente da un uomo che ha messo energia in tutto quello che ha fatto. Con il suo apporto fattivo è stato presente alla nascita dello scautismo a Mirandola, dove era Vice parroco; in seguito, è stato parroco della non facile comunità di Fossoli succedendo a figure come don Sisto Campagnoli, che seguì lo sviluppo del giovane Zeno Saltini, oppure di monsignor Gino Lugli cui fu poi affidata la responsabilità di rettore del Seminario diocesano. Da parroco di Fossoli si trovò a dover affrontare la questione “Campo”. Racconta Anna Maria Ori: “I primi internati, ebrei, famiglie intere, con bambini e anziani, giunsero a Fossoli nel dicembre 1943, e fu un inverno particolarmente freddo e nevoso, quello del ’43-’44. Molti di loro, arrestati nell’estate precedente, erano privi di indumenti, di scarpe, di tutto.

Quando don Venturelli ebbe il permesso di recarsi al campo come cappellano per i cattolici, si trovò di fronte a una umanità disorientata, sofferente e bisognosa di aiuto. Si indignò, fece pressione al comando del Campo per un miglioramento del vitto e del casermaggio – coperte prima di tutto –, mandò una richiesta a Roma perché la Santa Sede sollecitasse l’intervento della Croce Rossa, ma soprattutto ascoltò gli internati, comprese le loro necessità e cercò di risolvere i problemi anche apparentemente meno significativi, come quello che non potevano uscire da quegli stanzoni senza affondare nella fanghiglia gelata che si appiccicava alle scarpe e lasciava grandi chiazze di fango e di umidità nella baracca gelida” (Prefazione, a: D. Sacchi, Il prete di Fossoli. Don Francesco Venturelli tra internati e guerra civile, Mursia, Milano 2013, p. 8). La storia del Campo di Fossoli è molto complessa – per quanto riguarda il “Campo vecchio”, ma ancor più per le vicende del “Campo nuovo” – e si sviluppa e muta nel servizio dei più diversi internati anche nel periodo della attività di Don Venturelli. …

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