Conferenza al percorso diocesano di formazione sull’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco

Carpi, Seminario vescovile Giovedì 18 febbraio 2016
19-02-2016
  1. L’ACCOGLIENZA DELL’ENCICLICA

Il titolo della seconda Enciclica di Papa Francesco è preso dal Cantico di frate sole di San Francesco.
Lo scopo del documento è ben preciso: lanciare un grido di allarme sulla drammatica condizione ambientale del nostro pianeta, che richiede una rinnovata responsabilità dell’uomo.
Lo scritto ha avuto una grande risonanza a livello mondiale. Naturalmente non ha registrato solo elogi, ma anche critiche.
Gli elogi:

  1. il documento esercita un grande fascino per l’esposizione raffinata e a tratti poetica;
  2. il Papa affronta la questione ecologica con grande sensibilità;
  3. le problematiche ecologiche vengono affrontate non solo in un’ottica dottrinale, ma anche economica, scientifica e sociologica.

Le critiche:
“La cosa scioccante dell’enciclica, scrive il Financial Time – è il suo attacco alla scienza e alla tecnologia, gli strumenti reali, i soli strumenti, che offrono una soluzione al cambiamento climatico.”
Si registra, invece, un consenso quasi unanime, là dove il Papa parla della necessità di “ridefinire il progresso…e cambiare il modello di sviluppo globale”. Più difficile invece, trovare un consenso su quale paradigma utilizzare per rimodellare la crescita.

  1. LE FONTI ALLE QUALI IL PAPA ATTINGE

Diventa interessante a questo punto chiederci: “Da chi attinge il Papa per la sua analisi?”.

  • Dai suoi studi giovanili di tecnico chimico;
  • Dal sapere di esperti che hanno offerto la loro consulenza
  • Da filosofi e teologi non solo cattolici
  • Dai protagonisti dell’impegno per l’ambiente

Soprattutto si ispira al magistero dei suoi Predecessori sui temi di clima ed ambiente. In particolare:

  • Paolo VI che ha parlato di “catastrofe ecologica” in atto;
  • Giovanni Paolo II che ha invitato ad una “conversione ecologica globale”;
  • Benedetto XVI che ha apertamente denunciato “lo spreco della creazione” che “inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi”.

Da ultimo si ispira al Patriarca Ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo, che ha pubblicato numerosi scritti sulla questione climatica (cfr 8-9).

  1. LA SCIENZA E LA TECNICA

IN DIALOGO CON GLI ALTRI SAPERI
Il Papa parte da una costatazione: la nostra “casa comune”, la terra, è inquinata, maltrattata, saccheggiata “dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale”. Da questa terribile analisi trae due conclusioni drammatiche:

  1. La nostra casa comune: “Sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia” (21).
  2. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla” (2).

Per quale ragione si è giunti a tanto? La risposta a questo interrogativo è possibile trovarla solo se si compie una lettura integrale e non ideologica dell’enciclica. Infatti, lo scritto papale è un documento complesso e articolato che non è possibile circoscriverlo ad un manifesto “verde” o “ecologico”. Il Pontefice per affrontare la questione ambientale parte dal contributo della scienza e della tecnologia allo sviluppo dell’umanità.
Se i cristiani, da sempre, riconoscono nella bellezza della natura una via per giungere a Dio (102), Papa Francesco arriva ad affermare che questo vale anche per la tecnica: “la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è dono di Dio (102).
Tuttavia la scienza e la tecnologia non devono cedere alla tentazione di farsi misura di tutte le cose (“il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell’umanità e della storia” 133) e di ritenersi depositarie della chiave unica e ultima di accesso alla realtà. La creazione è un mistero e come tale è legittimamente oggetto di studio, ma anche di contemplazione (233) e soprattutto non è un oggetto infinitamente disponibile alla manipolazione (106).
Per scongiurare l’autoreferenzialità di scienza e tecnologia il Papa propone il dialogo con le altre aree del sapere: la filosofia, l’etica sociale, la religione, i diversi movimenti ecologiste…Infatti: “Le soluzioni meramente tecniche corrono il rischio di prendere in considerazione sintomi che non corrispondono alle problematiche più profonde” (144).
A questo riguardo, il Papa non fa sconti a nessuno.
Così ad esempio stigmatizza

  1. chi “invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, si limita a proporre una riduzione della natalità” (50),
  2. chi opera esperimenti sugli embrioni o sperimentazioni sugli animali.

Critica aspramente:

  1. gli OGM e l’estendersi di coltivazioni di cereali che rovinano l’ecosistema (133);
  2. il consumismo eccessivo ed esasperato: di trasporti, di elettricità o di acqua, risorsa divenuta insufficiente in tanti paesi nel sud del mondo.

Affronta anche il delicatissimo e controverso tema del clima. A questo proposito riconosce che il clima della terra è una delle più stupefacenti manifestazioni della complessità della creazione. Non teme di riconoscere che non esiste correlazione tra il numero delle persone, la povertà e l’inquinamento, ma anzi spesso sono i pochi che detengono le ricchezze che inquinano di più.
Alza la voce contro i promotori della teoria del gender, “sottolineando che l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio”, specie “nella sua femminilità e mascolinità”, ma anche la sua cura e il rispetto dei “suoi significati”, sono fattori essenziali “per una vera ecologia umana” (155). Conclude, a questo riguardo: “Non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”.
Nel testo, poi, troviamo un’espressione meravigliosa di rara efficacia: “rumore dispersivo dell’informazione”. Con essa il Papa richiama l’attenzione sulla trasparenza dei processi informativi e decisionali e la disponibilità a mettere “sul tavolo l’informazione completa”, senza selezionarla “secondo i propri interessi” (135).
D. SEGNI DI SPERANZA
Nell’enciclica il Papa non si limita solo alla denuncia “per ciò che sta accadendo al nostro pianeta”, ma scorge anche segni di speranza, luci positive quali ad esempio la “crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura”. Questi segnali positivi portano il Pontefice a riconoscere che “L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. Anzi, egli precisa che “Non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi”.
In questa prospettiva, il Pontefice propone di avviare a ogni livello della vita sociale, economica e politica “un dialogo onesto”, per giungere a “processi decisionali trasparenti”. Invita, con insistenza, a mettere in atto scelte coraggiose, nuovi stili di vita, che comincino da piccoli gesti e abitudini quotidiane, come la riduzione del consumo di acqua, la raccolta differenziata dei rifiuti o anche spegnere le luci inutili (211). Stili di vita fondati quindi sulla sobrietà, solidarietà e condivisione.
A fondamento della necessità di giungere a “processi decisionali trasparenti” e di cambiare i nostri comportamenti di vita il Pontefice pone una domanda che tocca tutti: credenti e non credenti: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?”.

  1. UN’ECOLOGIA INTEGRALE

Un aspetto sul quale vorrei soffermarmi, perché mi è sembrato che sia stato sottaciuto nella lettura che è stata fatta di questo documento, è l’invito del Papa a sviluppare un’ecologia integrale (137-162), capace o desiderosa di mettere al suo centro il Vangelo della creazione, il quale offre “motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili” (64).
Il Vangelo della creazione rivela che tutto il creato scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti (84) e che ogni creatura “ha una funzione e nessuna è superfluo…tutto è carezza di Dio (84).
Ma soprattutto il comune riferimento al Creatore fonda il legame di solidarietà tra tutte le creature: “creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile”.
Il principio classico dell’etica cristiana della destinazione comune dei beni, – principio diventato un patrimonio universale -, si radica sulla fede nella creazione. Inoltre la solidarietà tra tutte le creature spiega la denuncia insistente di coloro che vedono un’opposizione tra giustizia e ambiente. Spiega: “E’ evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere che non è gradito…Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno ai problemi della società” 91).
Esiste, pertanto, una relazione di reciproca responsabilità tra essere umano e natura e giustizia, che viene descritta con queste parole. “Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla e garantire la continuità della sua fertilità alle generazioni future”.
Il racconto biblico, inoltre, ci ricorda che “l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (66). Ma queste tre relazioni vitali, osserva il Pontefice “sono rotte non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato. L armonia tra il Creatore, l umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio rifiutandoci di riconoscerci come creature limitate”.
Papa Francesco trae una conclusione: il disordine ecologico, il degrado della natura, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra, la violenza sull’uomo sono originati dalla perdita della genuina visione biblica dell’uomo e della creazione.
Entrando ancora più in profondità nella riflessione il Pontefice osserva che tutti i mali della nostra madre terra sono accomunati “in fondo dal medesimo male, cioè dall idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti” (6).

La vita, in altre parole, si “disordina” quando non ci riconosciamo più creature. Al contrario, la grandezza di San Francesco sta proprio nel guardare ogni creatura dentro il rapporto con Dio: “Ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature” (11).

Per contrastare il disordine ecologico, allora, non sono sufficienti, da soli, i grandi progetti di riforma delle strutture. Occorre, davvero, una rivoluzione! Quella che nelle parole di Cristo ha nome di conversione, cioè di cambiamento di mentalità, e si esprime – oggi più che mai – con parole desuete, spesso irrise perché mal comprese: penitenza, castità e umiltà.

Penitenza e castità, vanno intese nel loro senso profondo: controllo delle proprie ambizioni, della volontà di dominio, di soddisfazione di ogni appetito smisurato.

Umiltà che procede dalla consapevolezza del proprio limite; dal rifiuto della pretesa di farsi dio, pretesa capace di insidiare corrompere, svuotare l umana aspirazione al bene e alla giustizia.

Molto suggestivo risulta essere il nesso che il Papa vede tra la realtà creata, il lavoro dell’uomo e l’azione di Dio nel tempo e nello spazio. Questo incontro avviene nei Sacramenti dove la realtà creata diviene manifestazione del divino. “I Sacramenti – scrive il Papa – sono un modo privilegiato in cui la natura viene assunta da Dio e trasformata in mediazione della vita soprannaturale” (235). Ciò avviene in particolare nel mistero dell’Eucarestia. In questo Sacramento vediamo l’intreccio tra la realtà “frutto della terra e del lavoro dell’uomo” e l’agire di Dio che fa di quel pane e di quale vino il Corpo e il Sangue di Cristo. Questo ci permette di intuire la dimensione sacramentale di tutta la vita cristiana e della sua portata antropologica. Questo porta a riconoscere che il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine (99), il quale alla fine dei tempi consegnerà al Padre tutte le cose. Di conseguenza, le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza (100)

Da qui scaturiscono quelle bellissime pagine dell’enciclica in cui si mostra la dimensione trinitaria di tutte le creature. Tutta la creazione porta l impronta della Trinità. Il teologo francescano San Bonaventura, citato dal Papa, afferma che l’uomo prima della rottura del peccato poteva contemplare questi segni della Trinità in tutte le cose. Bene: questo sguardo ritorna nell’uomo che accetta la redenzione operata da Cristo. Non a caso il Pontefice afferma “che l’armonia che san Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata interpretata come una guarigione di tale rottura” (66). Colui che ha ritrovato per grazia il rapporto con Cristo, torna a stupirsi per il dono delle cose e ritrova anche il senso della propria responsabilità.

In questo cammino ci accompagnano i santi, ci assicura il Papa. San Francesco per primo. Egli è l’“esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia”. Poi San Benedetto, Santa Teresa di Lisieux e il beato Charles de Foucauld…
+ Francesco Cavina, Vescovo