Omelia nella Messa Crismale

Cattedrale ' mercoledì Santo 12 aprile 2006 ' ore 21
12-04-2006

‘  Questa solenne liturgia è una festa che noi facciamo a Cristo Signore , ‘il più bello tra i figli dell’uomo ‘(Sal 44,3), che Dio ha consacrato con l’olio di letizia ( Salmo 44,8) , dandogli il principato nel giorno della sua potenza tra i santi splendori e costituendolo sacerdote per sempre (Sal 109,3-4). L’abbiamo ascoltato dalla sua stessa voce: Gesù di Nazaret è colui che è stato preannunciato da tutti i profeti, particolarmente dal profeta Isaia; è colui che l’umanità, prigioniera del regno di morte e di dolore, aveva lungamente invocato e sperato ; è colui che sempre ogni cuore di uomo inconsapevolmente desidera e cerca . S.Ambrogio così commenta il brano del Profeta Isaia: ‘egli riceve l’unzione dell’olio spirituale e della potenza celeste, per vivificare la miseria delle condizione umana con la ricchezza della risurrezione, per distogliere da noi ogni pericolo di schiavitù, per illuminare la cecità degli animi, per predicare l’avvento dell’anno del Signore, cioè di un tempo, esteso quanto i secoli eterni , in cui non ci saranno più le stagioni della fatica e agli uomini sarà concessa la perennità del raccolto e del riposo’ (S. Ambrogio, In Lucam IV,45).

‘  Con la Messa Crismale, noi facciamo festa al Signore Gesù ed esaltiamo la sua divina consacrazione che non solo ha pervaso ogni fibra della sua natura umana, ma che Lui ha comunicato anche a noi, trasformandoci in ‘stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio che si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce ‘ (1 Pt 2,9) . La festa oggi di Cristo è la festa di tutti noi cristiani battezzati; la festa del Capo è la festa di tutte le membra. Il crisma, che oggi celebriamo , è lo stesso olio profumato che dalla testa scende fino all’orlo della veste del Pontefice eterno , e fa di noi tutti, che siamo stati congiunti a lui nel battesimo, un sacerdozio regale. Il cristiano, ogni cristiano, è un grande e mirabile mistero dell’amore del Padre , che da prima della creazione dell’universo l’ha pensato come immagine viva del suo Figlio fatto uomo. Sicché per cercare di capire il cristiano in tutta la sua verità e il suo valore, la strada più adeguata non è tanto quella di vederlo nel suo rapporto col mondo (come spesso siamo tentati di fare in questi tempi), ma è quella piuttosto di coglierlo nella sua connessione e nella sua somiglianza con Cristo; di coglierlo cioè nella sua indole di CONSACRATO. Non è il caso, perciò, che ci preoccupiamo troppo di mettere in rilievo e di enfatizzare la ‘secolarità’ , come connotazione propizia del battezzato comune. Piuttosto la parola di Dio ci invita con insistenza a riflettere sulla nostra condizione di ‘stirpe eletta’ (cioè presa e messa a parte tra i popoli della terra), di partecipi della sorte dei santi nella luce (cfr. Ef 1,12 ), di gente trasferita nel Regno del Figlio amato di Dio (cfr. Ef 1,13), di templi del Dio vivo (cfr. 2 Cor 6,16); vale a dire, sulla nostra condizione di uomini che ormai non sono più mondani, ma sono familiari di Dio e cittadini del cielo. L’urgenza pastorale più forte non è dunque di far capire ai cristiani che sono dei ‘laici’ (con tutta l’ambiguità che questo termine ecclesiale ha ormai assunto nella nostra cultura, fino a indicare un modo di considerare gli uomini che prescinda del tutto da Cristo e da Dio), ma di rinnovare continuamente in loro la gioiosa consapevolezza che sono tutti dei ‘consacrati’, che anche su di loro è sceso il crisma che li santifica e li dedica per sempre al Signore ; che essi, come ci dice San Paolo, sono di Cristo come Cristo è di Dio (cfr. 1 Cor 3,13) . ‘ Credenti, consacrati, battezzati, perché proclamino le opere meravigliose di lui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce’ (1Pt 2,9) . Credenti, battezzati, consacrati, che sono presenti nel mondo d’oggi a mo’ di lievito e di fermento e che testimoniano nella storia la speranza che è Cristo Signore. Credenti, battezzati, consacrati, che, come si rifletterà nel Convegno della Chiesa Italiana a Verona nel prossimo ottobre, saranno testimoni della speranza cristiana, saranno ‘narratori’ della speranza, narreranno l’incontro loro col Cristo Risorto e nella forza dello Spirito Santo, faranno sorgere il desiderio di Cristo in chi li vede e in chi li ascolta, facilitando in loro la decisione di farsi , pure loro, discepoli. Afferma la Traccia di riflessione in preparazione al Convegno Ecclesiale di Verona al n.11: ‘Il primo aspetto su cui occorre sostare è quello delle ragioni della speranza . Ci esorta la prima lettera di Pietro: ‘Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1 Pt 3,15). Nel tempo della ragione debole e del disincanto , occorre riuscire a dire che Cristo è la ragione della speranza che è in noi . Se tutto appare fluido e flessibile, Cristo è saldo e stabile. Se tutto appare passeggero , Cristo è per sempre e promette l’eternità. La testimonianza della risurrezione qualifica il modo con cui il credente vive il proprio tempo. La dimensione escatologica del cristianesimo non è alienante, ma è il ‘non ancora’ che dà senso e direzione al tempo e all’opera ‘già presente’ : ‘I cristiani non si distinguono dagli altri uomini nè per territorio, né per lingua, né per costumi. Non abitano città proprie, né usano un gergo particolare, né conducono uno speciale genere di vita (‘). Abitano nella propria patria, ma come pellegrini ; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri; ogni nazione è la loro patria, e ogni patria è una nazione straniera . Si sposano come tutti e generano figlioli, ma non espongono i loro nati. Hanno in comune la mensa, ma non il letto. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi’. La lettera a Diogneto (n.5) ci ricorda che i cristiani sono uomini e donne NEL mondo, ed è lo Spirito a dotarli del pensiero critico che li rende capaci di giudicare quali aspetti della vita DEL mondo non sono compatibili con la coscienza cristiana. Sensibilità, passione, intelligenza: tutto questo è necessario per comprendere le ragioni della speranza cristiana. La missionarietà deve essere culturalmente attrezzata, se vuole incidere nelle mentalità e negli atteggiamenti’.

‘  Questa liturgia crismale odierna , oltre che i riti di benedizione degli oli, si connota altresì per la presenza di tutti i Sacerdoti della diocesi che formano il presbiterio diocesano e che si stringono attorno al Vescovo a dare l’immagine più eloquente del sacerdozio ministeriale, come di una essenziale realtà di comunione. Sacerdozio ministeriale che diventa un ministero che in modo particolarissimo è ordinato all’Eucaristia e ci chiama ad assimilarci al Signore Gesù, del quale diventiamo i collaboratori privilegiati nell’opera della riconciliazione e della grazia, e ci sollecita a donarci alla Chiesa con lo stesso amore sponsale del Salvatore. Alla soglia del grande Triduo pasquale, la bontà di Dio Padre ci regala quest’ora di spirituale letizia, per rinsaldare i nostri impegni ecclesiali, per ringiovanire in noi la volontà di spenderci per i nostri fratelli, per farci riscoprire il senso della nostra appartenenza alla famiglia del presbiterio diocesano. Così potremo con nuovo slancio accompagnare Gesù ‘ col cuore e con la vita ‘ nel suo cammino verso la morte e la gloria . Questa liturgia, così ricca di fremiti e di promesse pasquali, celebra, dona, accresce in noi quella grazia di speciale solidarietà, che ci rende segno di unità in vista dell’edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa (cfr. Ef 4,12).

‘  Ogni autentica comunione ecclesiale, e perciò anche la nostra, trova il suo fondamento nella verità e il suo vertice nell’amore. Noi che, col battesimo, siamo stati dal Padre rigenerati ‘con una parola di verità’ (cfr. Gc 1,18), siamo mandati a essere ‘scrupolosi dispensatori della parola di verità’ (cfr. 2 Tm 2,15) in virtù del nostro ministero. Noi che come cristiani abbiamo ricevuto il ‘comandamento nuovo’ di amarci come fratelli, come vicari dell’amore di Cristo dobbiamo fare della nostra carità il modello e lo stimolo di ogni vita autenticamente fraterna fra coloro che ci sono stati affidati.

‘  Il Signore Gesù ‘ che in questi giorni affettuosamente contempleremo messo a morte per i nostri peccati, e risorto per nostra giustificazione (cfr. Rom 4,25) ‘ ci aiuti a entrare cordialmente e totalmente nel disegno del Padre e ci doni la grazia di restare sempre fedeli alle nostre promesse, che ora con sincerità e con animo lieto vogliamo rinnovare.

 

+ Elio Tinti, Vescovo