Omelia nella notte di Natale 2018

24 dicembre 2018
24-12-2018
 

  1. Celebrare il Natale senza Gesù vorrebbe dire cancellare la storia. Il Natale è nato per ricordare un evento che è una nascita, la nascita del Figlio di Dio nella carne. Festeggiare il 25 dicembre, data presunta della nascita di Cristo, non significa diventare tutti cristiani, ma semplicemente tenere presente il motivo per cui quel giorno è riconosciuto come festivo. E’ una questione di onestà intellettuale, che dovrebbe portarci almeno a chiederci: “Ma chi è Gesù che ha diviso la storia in prima e dopo di Lui?”.
  2. Assistiamo oggi a delle vere e proprie assurdità. In nome di una laicità non corretta o del rispetto delle altre religioni e di coloro che non credono si pretende di escludere ogni riferimento a figure sacre, tra le quali il presepe. Ma assecondare queste pretese significa rinnegare la cultura, l’arte, la letteratura, le tradizioni di un Paese. Il presepe, dunque, è, per usare un’espressione di san Giovanni Paolo II, un elemento della nostra cultura e arte, segno di fede in Dio. E’ un simbolo attorno al quale gli uomini hanno lavorato con il cuore e l’intelligenza, facendone anche un’opera d’arte che richiama il primato dell’Amore, capace di fare aprire nel buio dell’odio in cui vive il mondo una luce di speranza, di pace e di benevolenza.

4. L’Evangelista Luca inserisce la nascita di Cristo in una cornice storica solenne e grandiosa. Ricorda che essa avvenne al tempo dell’Imperatore Ottaviano Augusto. Questi aveva posto fine ad una guerra civile che, per circa 100 anni, aveva devastato l’Impero romano. In ricordo della conquistata pace fece edificare un grande altare, che esiste ancora oggi: l’Ara Pacis Augustae.
Nel periodo in cui Augusto da Roma instaurava la “sua” pace sul mondo, in Palestina un coro di angeli annunciava la “pax Christi”, la quale non coincideva con quella di Cesare.
La tranquillità e l’ordine stabilito da Roma si fondava sulla forza delle armi, Cristo invece porta una pace fondata sull’amore, sulla giustizia e sull’uguaglianza di tutti gli uomini. Inoltre, la nascita di Cristo, che ha segnato l’inizio di una nuova storia, avvenne non a Roma, la capitale dell’Impero, ma a Betlemme un piccolo e sperduto paese della Giudea. Alla potenza di Roma, Dio contrappone l’amore inerme, l’umiltà e il nascondimento.
Nascendo da una vergine, il Figlio di Dio si è inserito in una famiglia, in un popolo, in una patria e, attraverso questi, è divenuto parte di tutta l’umanità. E’ stato un uomo concreto che ha amato profondamente tutto ciò che è proprio dell’uomo: il lavoro, l’amicizia, la famiglia, ed in particolare gli uomini, con i loro difetti, le loro debolezze ed il loro peccato.



5. Il pericolo che oggi corriamo è di dare al mistero dell’Incarnazione un valore sociologico e filantropico (amore per l’uomo), perdendo il suo vero significato che è teologico e cristologico. Il Natale ci rivela l’attenzione di Dio verso l’uomo. Noi tutti, ricchi o poveri, sani o malati, credenti o atei siamo assetati di “umano”, vorremmo, cioè, essere tutti più veri, più autentici, più capaci di amore. Chi può dare compimento a questo desiderio è il Signore Gesù perché Lui è l’uomo vero e perfetto in quanto non ha conosciuto il peccato. Cercare Lui, seguire Lui, accoglierLo nella nostra vita significa arricchire e potenziare la nostra umanità, perché Egli ci eleva alla dignità di figli di Dio. I santi Padri dicevano che Dio si fa uomo perché l’uomo diventi Dio. Può diventare fuorviante porsi davanti al Mistero con categorie sociologiche o pretendere di rinchiuderlo entro i nostri ristretti schemi mentali. Per vivere il Natale è sufficiente contemplare Gesù Bambino, stare in silenzio davanti a Lui per riempirsi della sua presenza. Gesù appena nato dorme o piange, sicuramente non parla, non agisce, non fa nulla di utile. E’ presente e questo basta!
Il Natale porta il mistero di Dio dentro la vita dell’uomo. Cristo viene per prendere su di sé tutta la nostra debolezza, la nostra impotenza, il nostro egoismo, il nostro peccato, i nostri fallimenti. L’Amore è ormai fra noi fino alla fine dei tempi e, pertanto, il mondo non è più un luogo oscuro, terremotato perché coloro che cercano giustizia, pace e gioia sanno dove trovarli. L’unica condizione perché questo miracolo avvenga è divenire cercatori appassionati ed onesti di Dio. Perché come ha scritto von Balthasar: Un Dio che per 30 anni è stato carpentiere e muratore, avrà cura anche delle macerie della mia anima”.