Omelia nella Santa Messa per il Giubileo degli amministratori pubblici

Domenica 3 luglio 2016, ore 10.30
03-07-2016
L’Eucarestia che stiamo celebrando – atto di adorazione al Padre e via alla nostra santificazione – oggi si trasforma anche in un canto di ringraziamento e di lode al Signore per i 400 anni della morte di San Bernardino Realino.
Nasce spontanea la domanda: Che senso ha ricordare un uomo che è vissuto quattro secoli fa, in un contesto culturale, sociale e politico totalmente altro da quello nel quale ci troviamo a vivere noi?
Il Papa Benedetto XVI in un suo discorso affermava la necessità di avere dei “compagni di viaggio” nel cammino della nostra vita cristiana e tra questi citava espressamente la Vergine Maria e i Santi. Ognuno – diceva – dovrebbe avere qualche santo che gli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e l’intercessione, ma anche per imitarlo. Di qui l’invito “a conoscere maggiormente i Santi”, in particolare la loro vita e i loro scritti. Il Pontefice concludeva: “Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di più il Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e spirituale”.
San Bernardino può sicuramente essere un “buon compagno di viaggio”. Infatti, la sua vita, i suoi scritti e le opere da lui realizzate costituiscono una splendida testimonianza che hanno una ricaduta anche sul nostro quotidiano. Non per nulla la Sacra Scrittura ci consegna questo ammonimento: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziata la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede” (Eb 13,7).
E’ nato nel 1530 da una famiglia illustre di Carpi, la cui prima preoccupazione è stata quella di assicurargli un’adeguata formazione culturale facendogli fare i suoi primi studi in casa, e poi inviandolo all’Accademia di Modena, all’epoca uno dei più illustri centri culturali d’Italia. La sua intelligenza, curiosa ed eclettica, lo porta ad appassionarsi alla letteratura classica (ci è giunto un suo commento in latino a Catullo) alla filosofia, alla medicina. Per compiacere la fidanzata, di cui era molto innamorato, sospende lo studio della medicina ed intraprende quello di giurisprudenza. E così all’età di 26 anni, si laurea in diritto civile e canonico.
La sua giovinezza è stata molto spensierata e caratterizzata da una profonda inquietudine: ferisce in un duello un uomo per vendicarsi di un torto subito e, quando improvvisamente a 30 anni muore la fidanzata, entra in una profonda crisi esistenziale che lo porta a pensare anche al suicidio. Grazie agli strumenti ricevuti dall’educazione in famiglia e al bagaglio culturale, recupera il valore della riflessione e si interroga sul senso della vita, della morte e della vanità del mondo, che lo porteranno a riscoprire la bellezza della poesia e l’importanza della preghiera. Recuperato il gusto per la vita, o meglio ancora, maturato umanamente e spiritualmente si dedica con impegno ad esercitare la sua professione di Magistrato, noi diremmo oggi di sindaco, che lo porterà in diverse località. Ovunque fu apprezzato per la sua onestà e l’alto senso della giustizia.
In particolare, dimostrò la sua competenza professionale e le sue doti umane e cristiane a Castelleone (Cremona), feudo devastato dalla corruzione e dalla violenza. Bernardino nell’esercizio del suo mandato si impegnò a coniugare interessi privati e bene pubblico e a reprimere i delitti; si mostrò discreto nel comando, ma inflessibile nel fare rispettare la legge. Ai bisognosi che si rivolgevano a lui cercò di dare risposte concrete, ponendo alla base del suo governo l’arma infallibile della carità.
I successi ottenuti a Castelleone indussero il Marchese di Pescara, da cui dipendeva, a nominarlo luogotenente generale nei territori che possedeva nel regno di Napoli (1564). Svolse il suo mandato con la sua solita onestà, rettitudine morale e fermezza nei principi ma per soli tre mesi. Infatti, il Signore, che da tempo lo lavorava nel segreto del suo spirito, lo attendeva al varco. Ascoltando una predica, fu toccato dalla grazia, e decise di entrare nella Compagnia di Gesù e a 34 anni iniziò una nuova fase della vita che lo pose a servizio, seppure con modalità diverse rispetto a prima, del Signore e dell’uomo.
Mi sembra di potere dire che San Bernardino Realino è un esempio di come non esista contrapposizione tra fede e impegno politico, sociale ed economico. La fede, se vissuta in maniera retta e coerente, è in grado di apportare alla società in cui si vive una visione completa sull’uomo, sulla sua dignità e sul destino eterno per il quale è stato creato. Inoltre, il vero amore per Dio porta ad assolvere con fedeltà i propri doveri di cittadini: pagare le giuste tasse, votare secondo coscienza, cercare il bene comune… Il Concilio Vaticano II insegna che la comunità politica e la Chiesa, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini.
Oso provare a dire quali valori proporrebbe San Bernardino Realino se vivesse oggi. Sicuramente sarebbe felice per le tante trasformazioni positive che avvengono sotto ai nostri occhi. Tuttavia, penso che ricorderebbe anche che una società, per essere veramente libera, deve favorire i valori che garantiscano il bene supremo di tutto l’uomo perché non ogni cambiamento serve per la costruzione di un mondo più umano e più giusto. Ai politici qui presenti e a tutte le persone impegnate nella vita politica vorrei augurare di non risparmiare forze nell’edificare una società che circondi di particolare cura la famiglia, la vita umana, l’educazione della giovane generazione, che rispetti il diritto al lavoro, che veda gli essenziali problemi delle nostre comunità e che siano sensibili ai bisogni dell’uomo concreto, specialmente di quello povero e debole. Ci aiuti l’intercessione di San Bernardino.
 
+ Francesco Cavina