Omelia per l’apertura del nuovo anno pastorale e l’anniversario dell’Ordinazione Episcopale del vescovo e del suo ingresso in Diocesi

Cattedrale ' domenica 21 Settembre 2008 ' ore 18
24-09-2008


 


1. “Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”: ci ha raccomandato il Profeta Isaia nella prima lettura. Siamo qui raccolti come Chiesa santa che è presente e vive in questo nostro territorio e assieme vogliamo riaffermare la nostra volontà, il nostro impegno a stare con il Signore, a vivere con lui e di lui, seguendo l’esempio luminoso di S.Paolo nella seconda lettura dove afferma con forza: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). Ci doni il Signore di sentire e di vivere questa meravigliosa gioia e fierezza di appartenenza a Cristo e alla Chiesa e questo essere come S.Paolo innamorati di Cristo.


2. Certo, che cercando il Signore e stando con lui, spesso scopriamo che “i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le nostre vie non sono le sue vie”, e avvertiamo il Signore che ci ricorda: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8-9). Ricostruiamo allora una piena fiducia, un sano ottimismo, un autentico entusiasmo di fede, nonostante le delusioni, le fatiche quotidiane, gli insuccessi pastorali, le nuove e impellenti istanze del mondo e della cultura di oggi, le incertezze economico finanziarie, la forte esigenza di educazione e di formazione a tutti i livelli e in tutti i settori. Il Signore ci è accanto e ci invita nella parabola del vangelo a lavorare con lui e per lui, sentendo l’impagabile onore e la profonda gioia di essere impegnati nella sua vigna fin dal mattino della nostra esistenza.


3. Il Signore ci ha cercato lui per primo. Chiama tutti a diverse ore. Noi siamo tutti chiamati dalla prima ora a fare parte della vigna del Signore e a lavorarvi con fedeltà e passione, avendo, come denaro, il godere con il padrone di casa del suo amore, della sua gioia, della sua eredità. Siamone contenti! Non invidiamo i chiamati delle altre ore, nelle ore successive della vita, anzi aiutiamo e favoriamo il Signore a fare capire a tanti sfaccendati per la mancanza di un senso di vita o per scelte opportunistiche di vagabondaggio o di comodo, la gioia del lavoro nella vigna nel Signore e la ricompensa che è il denaro del suo Paradiso.


4. Cioè, comprendiamo i pensieri e la vie del Signore che non corrispondono ai pensieri e alle vie nostre, lasciamo i criteri e i ragionamenti in termini di diritto che dimenticano l’amore di Dio, che ha le sue preferenze e le sue motivazioni segrete e che smaschera le nostre meschinità: “Sei tu invidioso perché io sono buono?”. (Mt 20,15). Ci viene subito in mente il figlio maggiore della Parabola del Figliol Prodigo, geloso della misericordia del padre verso il fratello minore, che ha sprecato la sua eredità e che, tornato a casa pentito, viene accolto con grande festa e gioia. Il fratello maggiore non sa condividere il denaro della gioia e della pace che lui ha sempre goduto, rimanendo nella casa e lavorando con il padre (cfr Lc 15,11-22).


5. L’aveva capito molto bene S.Paolo che scrive ai Corinzi, dopo essere stato chiamato dal Signore a seguirlo e a essere lavoratore nella vigna del Signore in mezzo ai gentili: “Non è per me un vanto predicare il Vangelo! È un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!(Traduciamo: se non lavorassi nella vigna del Signore!) Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo’ Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo per diventarne partecipe con loro. “Così gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi” (Mt 20,16): pensiamo a tanti santi che si sono convertiti dopo una vita burrascosa e sono stati chiamati dal Signore in ore diverse della giornata della vita, e hanno ricevuto il denaro del Paradiso, ad esempio San Paolo, Sant’Ignazio di Loiola, San Camillo de Lellis, San Francesco d’Assisi.


6. Santi che hanno vissuto le tre Beatitudini indicate come linee pastorali in questo anno per la nostra Chiesa di Carpi: santi che hanno irradiato e testimoniato la mitezza, la pace e la giustizia. Il brano del vangelo di oggi ci sottolinea la giustizia del padrone di casa che non ha agito in base ai puri e semplici criteri del diritto e della legge, ma in base al suo essere amore, misericordia cioè santità. Santità, giustizia che Gesù richiede superiore a quella degli scribi e dei farisei,” poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5,20). Una giustizia diversa perché interiore e somigliante a quella di Dio: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48).


7. Di questa giustizia dobbiamo avere fame e sete: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5,6), ed è questa giustizia di natura tale da essere invisa agli uomini, che perseguiteranno coloro che la cercano e la praticano. Ma tale persecuzione renderà l’uomo beato: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,10). Una giustizia di Dio che si rivela nel Vangelo: “E’ nel Vangelo che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: il giusto vivrà mediante la fede” (Rom 1,17). In questa logica il tributo a Cesare, allo stato, è un comportamento, un principio di chiarezza che trova la sua radice nella giustizia di Dio: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21).


8. La regola d’oro per vivere la giustizia e che dovrebbe essere anche alla base della giustizia sociale: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge e i Profeti (Mt 7,12). Pertanto, amare il prossimo è la forma di giustizia piena, è il “dovuto” in senso stretto che Gesù richiede ai suoi discepoli. e lo richiede in misura che non ha limiti. La giustizia richiesta nel Vangelo, tale da superare quella degli scribi e dei Farisei, si esprime in un’apertura illimitata agli altri, fino ad amare il proprio nemico (Mt 5,43-48). Questa apertura nel dare sarà il metro di giudizio nell’ultimo giorno, nel giudizio finale, che Gesù ha indicato come testimonianza concreta di giustizia “sociale”, cioè come rapporto di amore concreto tra gli uomini. Giudizio finale, nel quale riceveremo il denaro della parabola, perché avremo lavorato tutta la giornata della vita in un rapporto di amore concreto con ogni persona incontrata nella Chiesa e fuori, cattolica o atea o di altre religioni! Questo deve essere la nostra Chiesa e questo dobbiamo essere noi cristiani nel nostro territorio già fin d’ora, profeti e testimoni di giustizia, e quindi di pace e di mitezza!


9. E questo la nostra Chiesa lo è già e lo sarà ancora di più, se ciascuno di noi, se ogni nostra famiglia, in ogni istante, rifà incessantemente la scelta del primato di Dio, cioè di mettere al primo posto Dio Padre, il Cristo Risorto e l’amore alla Chiesa e ai fratelli e la scelta di porre al centro ogni persona e la dignità e l’unità della sua esistenza, nei diversi ambiti in cui ciascuno vive: la vita affettiva, il lavoro e la festa nel Giorno del Signore, la fragilità tipica di ogni uomo, la tradizione, la cittadinanza. E’ questa scelta radicale, autentica, testimoniata con sobrietà e con stili di vita evangelica, che tanti uomini attendono con ansia e fiducia da noi credenti in Cristo e portatori di Beatitudini di vita: il Signore ce lo conceda in questo nuovo anno pastorale e in questa Eucaristia.


+ Elio Tinti, Vescovo