Omelia per l’Ordinazione Sacerdotale di don Enrico Caffari, don Mauro Pancera, don Emidio Voli

05 gennaio 2017
09-01-2017
        La solennità dell’Epifania vede come protagonisti i Magi venuti dall’Oriente. Si tratta di personaggi partiti dai loro paesi alla ricerca di una realtà più grande. Erano interessati a conoscere la verità su loro stessi, su Dio e sul mondo. Volevano sapere se Dio esiste, e, se esiste, se si prende cura di noi e se questo accade come, dove, quando Egli è incontrabile. Possiamo, quindi, affermare che il cammino esteriore di questi personaggi è l’immagine del loro itinerario spirituale. E, in effetti, il loro andare si chiude quando si trovano davanti ad un bambino che riconoscono come il Figlio di Dio e, in quanto tale, l’unico in grado di dare un senso alla vita e di illuminare il destino di ogni uomo che viene al mondo. Davanti a Lui, dunque, ci si può prostrare senza timore di vedere sminuita la propria dignità o di venire privati della propria libertà.
        Il cammino di questi personaggi non è stato semplice. Inizialmente sono guidati da una stella, ma poi essa scompare. Di fronte alle difficoltà – non sanno più quale strada percorrere, smarriscono il significato del loro andare, si sentono in balìa degli eventi – agli inganni che ordiscono le persone alle loro spalle e alla strumentalizzazione  della loro buona fede non si abbattono, non si arrendono, non si ripiegano né in sterili recriminazioni né sulle loro presunte sicurezze, ma interrogano, studiano, chiedono aiuto, rimangono aperti all’imprevisto e alla fine il loro viaggio viene premiato con la scoperta del Bambino Gesù, l’oggetto della loro lunga e faticosa ricerca.
        Carissimi Emidio, Enrico e Mauro anche voi, come i Magi, vi siete posti in cammino mossi certamente da un desiderio di verità, libertà e autenticità; sostenuti anche dalla vostra fraterna amicizia nata in questi anni di formazione. In questa ricerca siete stati inizialmente guidati dalla coscienza, che con il tempo vi ha fatto incontrare con una Parola incantevole e avvincente che è divenuta compagna di viaggio. Questa Parola ha, poi, assunto le sembianze di un Volto, quello di Cristo, e di una comunità, la Chiesa, che vi hanno portato a scoprire che è possibile una crescita autenticamente umana solo nella sequela di Cristo, cioè nella condivisione della Sua vita, nella comunione con Lui perché Lui è il Salvatore, è la luce del mondo, è la verità che si è fatta carne, è il costruttore di un’umanità nuova.
        Nella vostra ricerca e nel vostro viaggio non sono mancati momenti di fatica, di smarrimento interiore e di stanchezza. E’ probabile che qualcuno al vedervi seguire Cristo vi abbia anche deriso, o sorriso alle vostre spalle, ma non vi siete arresi. Siete stati sostenuti e guidati dalla preghiera, dall’amicizia e dall’aiuto spirituale di tante persone, le quali hanno contribuito a mantenere viva in voi la sola e grande certezza che illumina il senso misterioso e profondo di ogni chiamata e cioè che prima di dare…ricevo. Anzi, essenzialmente io ricevo l’amore ineffabile di Dio che si china amorevolmente su di me.
        Con amore delicato e fedele Egli vi ha ora inseguiti, ora attesi con pazienza, ora consolati con tenerezza, ora rimproverati con durezza e quando ha ritenuto giunto il momento ha chiesto con ferma delicatezza – nonostante ripulse, paure ed infedeltà – il vostro sì. E oggi siete giunti qui per offrire al Signore Gesù non oro, incenso e mirra – doni certamente preziosi -, ma voi stessi, la vostra giovinezza, il vostro amore, il vostro entusiasmo perché avete riconosciuto che la sorte dell’uomo è indissolubilmente legata a Lui e che la sete di vita che è presente nel cuore dell’uomo può essere saziata solo da Lui. Gesù Cristo, infatti ama l’uomo. Lui solo lo ama davvero, Lui solo ci ha fatto conoscere come si debba amare: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi” (1 Gv 3.16).
        A questa chiamata, a questo imperscrutabile rapporto di amore fra Cristo e voi, l’ordinazione sacra questa sera pone il suggello permanente e l’immutabile ratifica. L’imposizione delle mani da parte del Vescovo e dei sacerdoti e la preghiera di tutta la Chiesa sono il segno sacramentale dell’unzione dello Spirito Santo che, scendendo in voi, tocca così intimamente la vostra personalità da segnarvi per tutta la vita e da conformarvi a Cristo buon pastore. In altre parole, voi, pur nell’umiltà della vostra persona, diventerete immagini viventi del Signore Gesù, fuoco divorante, impeto della gioia. Pertanto, la vostra vita deve sapere Cristo, deve sapere di Vangelo.
        Per questa ragione prima di ricevere il dono del sacerdozio la Chiesa, in nome del Signore Gesù, chiederà il vostro sì e la promessa di un amore irreversibile per Lui. Si tratta della stessa richiesta d’amore che è stata rivolta a Pietro dopo la resurrezione sul lago di Tiberiade, prima di affidargli il ministero di pastore supremo della Chiesa: “Emidio, mi vuoi bene? Enrico, mi vuoi bene? Mauro, mi vuoi bene?”.
        So bene che questa incalzante domanda fa emergere nella vita di ciascuno di noi il ricordo di tante infedeltà e povertà e ci costringe a confrontarci con le nostre fragilità. Tuttavia, non possiamo dimenticare che alla radice più profonda del nostro essere sacerdoti – come del nostro essere cristiani – vi è l’iniziatica di Dio carica di amore e la chiamata irrevocabile da parte di Cristo. Il Signore, infatti, dice a voi come ha detto ai suoi discepoli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (GV 15.16). E’ il Signore che vi ha voluti, direi quasi spinto, fin qui. Per quale ragione? Non per le vostre qualità – che pure sono tante – non per i vostri meriti, – che pure potete accampare – ma perché passando ha posato il suo sguardo d’amore su di voi, così come ha fatto con gli apostoli e con tutti coloro che dopo di loro hanno risposto alla sua chiamata.
        Oggi il vostro sì umile, forte, gioioso e generoso rinnova, con la stessa trepidazione e sincerità, la professione di amore di san Pietro: “Signore tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene” (Gv 21.17). Entrate, così, a fare parte della schiera degli amici di Cristo e venite ammessi a godere della sua confidenza, e in quanto tali siete resi partecipi della sua stessa vita. Tra voi e Cristo viene, dunque, ad instaurarsi una relazione esaltante e gratificante, che va oltre ogni aspettativa umana, ma che non può mai essere data per scontata.
        Infatti, il nostro sacerdozio – ma questo vale anche per la vita cristiana – non va inteso come un dono che una volta accolto rimane fermo, immobile e definitivo. Al contrario esso va visto come un continuo e umile crescere per una donazione sempre più totale, piena e completa a Cristo. Soltanto questa apertura e disponibilità a Gesù, questo amore indiviso a Lui vi riempirà di gioia, vi permetterà di vivere senza rimpianti e vi darà la sicurezza che nessuno “vi strapperà dalla sua mano” (Gv. 10.29).
        In questo giorno come vescovo mi sento sopraffatto dalla commozione, da un sentimento di indegnità e da grande trepidazione per i doni con i quali il Signore arricchisce la nostra Chiesa di Carpi e per il prodigio che accade sotto i nostri occhi. Emidio, Enrico, Mauro, voi rappresentate la possibilità di una vita nuova per la nostra comunità diocesana, la prova che è ancora possibile rispondere generosamente quando il Signore chiama.
        Venite, dunque, a ricevere l’unzione dello Spirito Santo, che segnerà per sempre la vostra vita. Voi diventerete per noi un segno della presenza misteriosa e operosa  di Cristo in mezzo alla sua Chiesa, pellegrina sulla terra.
        Venite a ricevere interiormente il Verbo di Dio, così da farlo diventare carne della vostra carne, vita della vostra vita, per poterlo offrire al mondo come Maria, per la salvezza degli uomini.
        Venite e Non abbiate paura. Gesù vi affida il tesoro della Rivelazione per continuare attraverso di voi la sua missione di salvezza. Egli, infatti, ha bisogno delle vostre persone per costruire, santificare e governare  il suo popolo.
        Venite! La Chiesa vi attende. La vostra generosità, la vostra incondizionata dedizione, oso dire, la vostra passione per il Signore, testimoniata da una vita casta, povera e obbediente, richiamano, in maniera leggibile e credibile, i fratelli al destino per cui sono fatti: Gesù Cristo.
        Venite e la vostra ordinazione ripeta ai giovani, ai vostri amici, al popolo cristiano che la Chiesa ed il mondo hanno bisogno non di parole, ma di scelte coraggiose per il bene; non di aspirazioni inconcludenti, ma di generosità concreta, non di contestazioni sterili, ma di speranza capace di resistere alla violenza e al nichilismo perché fondata sulla grandezza della vocazione umana e cristiana. E’ da ognuno di noi che deve nascere la bonifica morale del mondo!
        Ma una volta venuti non pensate di sedervi, di sentirvi arrivati e soddisfatti. No! Il Signore immediatamente vi dice : Andate!
        I magi dopo il loro incontro con Cristo si fecero generatori di fede. Così il sacerdote è chiamato non alla sterilità, ma alla generazione. Non dimentichiamo mai che Dio, che è all’origine di ogni generazione, detesta la sterilità.
        Generare vuole dire produrre nuova vita. In quanto sacerdoti siamo chiamati a generare nuovi figli in Cristo, portando a Lui quelli che non lo hanno mai conosciuto, riportando a Lui coloro che Gli hanno girato le spalle, suscitando in quelli che già Lo amano l’attrattiva a servirLo con maggiore impegno.
        Andate, dunque! E portando nel cuore l’oro dell’amore, l’incenso della preghiera, la mirra della perseveranza (San Luigi de Montfort) presentate agli uomini la bellezza del volto di Dio, che è Padre. La Vergine Maria, madre dei sacerdoti, vi accompagna.
        Il Signore, infine, benedica le vostre famiglie che vi hanno dato la libertà di questa scelta e di questa donazione e benedica pure le vostre comunità parrocchiali che vi hanno generato alla fede e i tanti che vi hanno sostenuto nel vostro cammino.