Le prime parole del Vescovo Castellucci sulla nomina ad Amministratore Apostolico della diocesi di Carpi
Intervista a cura di don Marco Bazzani, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali
Mercoledì scorso 26 giugno alle ore 12 è stata resa pubblica la nomina del nostro vescovo Erio Castellucci ad amministratore apostolico della diocesi di Carpi, dopo le dimissioni accolte dal Papa del vescovo Francesco Cavina. Ringrazio il vescovo Castellucci per la sua disponibilità a rispondere ad alcune domande che potranno chiarire diversi interrogativi sorti nei fedeli e religiosi della nostra diocesi di Modena-Nonantola.
Ci può raccontare come le è stato chiesto di diventare amministratore apostolico della diocesi di Carpi?
Certo. La settimana scorsa è arrivata una telefonata dal nunzio apostolico in Italia, monsignor Emil Paul Tscherrig, che mi informava di una imminente richiesta da parte del Papa. Con una certa preoccupazione ho poi chiesto un appuntamento, che mi è stato fissato per lunedì 24 giugno alle 10.30. Il colloquio in Nunziatura, a Roma, è durato oltre un’ora e mezza. Il nunzio mi ha messo subito al corrente della richiesta di assumere l’incarico per la diocesi di Carpi e ho accettato.
Così, di colpo?
È difficile dire che cosa succede in queste circostanze. In realtà i «sì» non vengono «di colpo», perché sono dentro a una obbedienza che abbiamo promesso alla Chiesa il giorno dell’ordinazione, il grande «sì» pronunciato quando siamo diventati preti. Non sono dei «sì» calcolati, perché altrimenti, se ci fermassimo a considerare le nostre poche forze, i nostri difetti e le paure, dovremmo dire sempre di no.
Tornando all’incontro in nunziatura, che cosa le ha detto monsignor Tscherrig in quel lungo colloquio?
Mi ha esposto i motivi della rinuncia del vescovo Francesco, resi poi noti due giorni dopo da lui stesso; mi ha chiesto di imparare a conoscere la diocesi di Carpi e di voler bene da subito alla gente e soprattutto ai sacerdoti. Ha poi parlato delle varie realtà ecclesiali presenti a Carpi: ho avuto l’impressione che sia molto informato sulla diocesi. Il suo tono era fiducioso: forse più del mio.
È preoccupato?
Sarei incosciente se non lo fossi. Modena è una diocesi grande, con tante ricchezze pastorali e umane e moltissime situazioni da seguire: in questi quattro anni sono riuscito a incontrare ancora solo una parte della diocesi e ora devo imparare a muovermi anche dentro a un’altra.
Per quanto tempo?
Questo non dipende da me. L’incarico di amministratore diocesano è per sua natura temporaneo. Di solito si conferisce quando la sede episcopale è «vacante», cioè in attesa di un nuovo vescovo. Nel mio caso, il Papa ha stabilito di conferirmi tutte le facoltà e i doveri del vescovo diocesano, senza le restrizioni di solito fissate per questo incarico, relative alle nomine dei parroci e dei principali collaboratori.
Il Papa pensa a un possibile accorpamento con la diocesi di Modena?
Non è un mistero che papa Francesco auspichi una riduzione del numero delle diocesi italiane: a suo parere 226 sono troppe, in relazione alla popolazione italiana. Lo ha detto più volte anche negli incontri con la Cei. Nel caso specifico, il nunzio, che aveva parlato con papa Francesco, mi ha riferito con molta schiettezza il desiderio di verificare “sinodalmente” anche questa possibilità, cercando in ogni caso di compiere dei passi collaborativi ulteriori tra le due diocesi. Dico “ulteriori”, perché i seminaristi già da alcuni decenni si formano insieme a Modena; all’Istituto di Scienze religiose e così al Tribunale ecclesiastico afferiscono entrambe le diocesi. Si possono attivare certamente delle collaborazioni più strette in altri ambiti, come l’Istituto diocesano sostentamento clero e alcuni settori della pastorale.
Ma lei quindi mira all’unificazione?
Io non miro a niente, se non a inserirmi – come posso – nella missione della Chiesa carpigiana proseguendo l’opera del vescovo Francesco e a verificare la disponibilità a una più stretta collaborazione, così come mi è stato chiesto dal nunzio. Il resto verrà da sé, se verrà, con me o con altri vescovi. La comunione non si può certamente imporre, ma va maturata passo dopo passo.
Ha menzionato il vescovo Francesco anche nel suo breve messaggio di pochi giorni fa. Come sta?
Immagino che il suo saluto l’abbiate letto: è provato dalle vicende degli ultimi mesi, che ha definito «gogna mediatica», ed è certamente amareggiato. Però l’ho trovato al telefono pieno di fiducia e disponibile a servire la Chiesa altrove. Mi ha detto che sarebbe partito per una visita in Africa e che al suo ritorno sarebbe stato contento di incontrarmi. Lo ricordo nella preghiera, perché posso solo immaginare quanto gli sia costata questa decisione e quanto dispiacere abbia provocato in molti fedeli.
Andrà a visitare le parrocchie di Carpi?
Nei limiti del possibile, spero di sì. L’estate – e non solo a causa del caldo torrido – non è certo il periodo migliore per incontrare le persone nelle nostre zone. Vedrò cosa mi è possibile fare; all’inizio cercherò di conoscere soprattutto i presbiteri, i religiosi, i diaconi, i seminaristi e i responsabili degli ambiti pastorali e delle aggregazioni laicali.
Avrà occasione poi di riferire al Papa le sue impressioni?
Non cercherò il Papa direttamente: lo stimo e gli voglio bene, perciò lo lascio in pace. Scriverò invece al nunzio una relazione dettagliata tra circa sei mesi, nel periodo natalizio, così come lui mi ha chiesto. A meno che il mio mandato non termini prima, cosa ugualmente possibile. Accompagniamo con la preghiera al Signore il nostro vescovo Erio Castellucci anche in questa sua nuova «missione».