Intervento di Giancarlo, presidente di Nomadelfia alla presentazione delle due mostre presso il Campo di Fossoli (Carpi), sabato 17 settembre 2022
Ringrazio a nome della comunità di Nomadelfia tutti coloro che hanno collaborato affinché questo evento potesse realizzarsi e le autorità qui presenti, Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, Pierluigi Castagnetti, Presidente della Fondazione Fossoli, al sindaco di Carpi Alberto Bellelli. Un saluto particolare al carissimo amico Enrico Genovesi, alla curatrice della mostra Giovanna Calvenzi e al sociologo Sergio Manghi per il suo contributo sui testi.
Don Zeno, il 19 maggio del 1947, dopo avere inutilmente atteso dal Governo la concessione dell’ex campo di concentramento di Fossoli, con i suoi figli “Piccoli Apostoli” accompagnati dalla banda, lo occuparono pacificamente per costruirvi la città della fratellanza. Vennero abbattuti i muri, i reticolati, tutto ciò che poteva dividere, per passare da un luogo di pianto, di maltrattamenti e di morte a uno di accoglienza e di rinascita alla vita per tutti, in particolare per gli abbandonati e sofferenti. A tutti don Zeno ha dato il calore di una mamma, di una famiglia, di un popolo che fraternamente lavorava per una rinascita umana e sociale. Così nasceva Nomadelfia, con l’impegno di fare del vangelo la legge della propria vita. Questi anni sono stati per don Zeno un tempo di ricerca interiore per capire cosa volesse il Signore da lui. Certo l’ingiustizia sociale non l’accettava, non la condivideva per niente. Affermava: “E’ l’uomo che la crea! mi dicevano “tu sei nato fortunato”, perché stavamo bene. Ma la ricchezza è tremenda e crudele: mi abituavano a vivere bene in mezzo a quelli che stavano male”. “Era convinto, come ci diceva spesso “che l’uomo non poteva essere così, doveva cambiare e ha iniziato da se stesso: “cambio civiltà in me stesso”, “ne servo ne padrone, ma fratello di tutti” Questo cambiamento avviene se poniamo il vangelo al centro del nostro modo di essere e di conseguenza di vivere. Infatti, affermava: “Ponendo CRISTO come riferimento della nostra vita nasce un uomo nuovo”. Da qui la scelta di diventare sacerdote, per essere strumento di Cristo per creare una società più giusta, umana, fraterna, dove ciascuna persona ha la possibilità di vivere dignitosamente.
La mostra ripercorre le tappe di questa storia che nasce proprio in questa terra, dove don Zeno con la sua “Opera Piccoli Apostoli” ha mosso i suoi primi passi con difficoltà, tremore, ma con la sua spinta coinvolgente e irrompente, che gli proveniva da una fede cristallina. Una vita vissuta nell’amore alla Chiesa e al Vangelo e nell’obbedienza quando gli viene chiesto di allontanarsi dalla sua creatura. Questo grande sacrificio ha però aperto, in sintonia con la chiesa, nuove strade, ottenendo la laicizzazione pro-grazia, concessa dal Papa, per ritornare come laico a Nomadelfia. Il 22 gennaio del 1962, dopo la soluzione di numerosi problemi anche amministrativi, Papa Giovanni XXIII concesse di riprendere il sacerdozio, celebrando la sua seconda prima messa. Nomadelfia venne riconosciuta parrocchia e don Zeno nominato parroco.
Una domanda sorge spontanea: Nomadelfia continua ancora oggi?
Con umiltà, senza ostentare presunzione di qualsiasi tipo, possiamo affermare che la sua spinta “profetica” come ha affermato Papa Francesco durante la sua visita a Nomadelfia il 10 maggio del 2018, e ancora presente. La vita continua in Maremma, da quando si è trasferita a partire dal 1949, a Roma dove dal 2004 abbiamo aperto un gruppo familiare intitolato a Giovanni Paolo II, e ora in terra d’Africa e precisamente in Tanzania, in una zona poverissima, nella regione di Rukua, distretto di Ntemba, vicino al monastero di Mvimwa. Il desiderio è di costruire un villaggio di Nomadelfia-Mvimwa e insieme con la gente del posto, camminando con loro, costruire opportunità di rinascita umana e sociale per il bene di tutti.
Vivere la fraternità è l’aspirazione di tutti i popoli. Purtroppo, questo obbiettivo non è ancora stato raggiunto. Penso alle guerre tuttora in corso, in vari parti del mondo, alle ingiustizie sociali che portano ad avere ancora oggi popolazioni alla fame, alla mancanza di cure mediche e togliendo loro la possibilità di condurre una vita dignitosa.
Don Zeno ci ha insegnato che dobbiamo farci carico di tutto questo, che non possiamo rimanere indifferenti. Egli, infatti, afferma “La giustizia è la misura minima dell’amore. Ed è dare a ciascuno il suo. Fare in modo che ci sia questa distribuzione equa dei beni affinché ciascuno abbia ciò di cui ha veramente bisogno. Quando manca questa giustizia anche in una sola persona, l’umanità non ama.” “Fermiamo le guerre. Non con dei programmi politici – ci vogliono anche quelli – ma con un soffio d’amore.”
Oggi c’è veramente bisogno di questi “soffi d’amore”. Uniamo tutte le forze positive per costruire una umanità più solidale e fraterna dove tutti, superando le divisioni territoriali, di razza e di religione, contribuiamo a considerare la “nostra madre terra”, un dono per tutti e da salvaguardare dall’egoismo dell’uomo.