Notte di Natale

 – Is 9,1-3.5-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14 –

     Lo ricorderemo come il Natale delle restrizioni, regolato dal decreto legge emesso una settimana fa, che a sua volta aggiorna alcuni decreti della presidenza del Consiglio dei ministri. Gesù quest’anno nasce in mezzo ai decreti. Ma in fondo fu così anche duemila anni fa: “in quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra”. Il Figlio di Dio viene al mondo a Betlemme a causa di un decreto imperiale, per cui Giuseppe volle farsi registrare nel suo villaggio d’origine, che era lo stesso del grande re Davide; per questo affrontò un viaggio di oltre cento chilometri, certo non banale all’epoca, insieme a Maria che, oltretutto, stava per dare alla luce il bambino. In questo modo Gesù poté nascere proprio a Betlemme di Giudea, realizzando le antiche profezie. Gesù, del resto, per tutta la vita si troverà in mezzo a norme e decreti: 40 giorni dopo sarà circonciso e offerto al Tempio, per osservare la legge ebraica sui primogeniti; nella sua infanzia, come dice il Vangelo, rimarrà sottomesso ai suoi genitori, osservando le regole familiari; a 12 anni andrà in pellegrinaggio con loro a Gerusalemme, seguendo le tradizioni religiose dell’epoca; da adulto, dirà di essere venuto non per abolire la legge, ma per compierla; e perfino il luogo della sua morte sarà scelto in base alle disposizioni vigenti, che stabilivano di crocifiggere i condannati fuori dalle mura della città santa, Gerusalemme, per non macchiarla.

Gesù dunque si muove tra i decreti, come dobbiamo fare noi, giustamente, essendo cittadini che osservano le leggi dello Stato e cristiani che aderiscono alle indicazioni della Chiesa. E lo facciamo in modo particolare in questo periodo di pandemia, dovendo rispettare la salute nostra e degli altri e facilitare il servizio di coloro che operano per contrastare questo contagio.

Ma Gesù non si accontentò di osservare i decreti: lui vi mise dentro un’anima o, per rubargli le immagini, un pizzico di sale e un raggio di luce. Dirà infatti un giorno ai discepoli di non accontentarsi della semplice aderenza alle leggi, ma di essere sale della terra e luce del mondo. Quella notte infatti, quando nacque nella stalla di Betlemme e fu posato sulla mangiatoia, il cielo si illuminò sui pastori e risuonò per loro un canto d’amore. Dice il Vangelo che “la gloria del Signore li avvolse di luce” e che gli angeli cantarono gloria a Dio e pace agli uomini, amati da lui. Questa luce e questo canto d’amore non erano previsti nel decreto di Cesare Augusto, al quale premeva solo il conteggio dei sudditi per una migliore organizzazione dell’impero; ma questa luce e questo canto d’amore poterono investire Betlemme, il villaggio del re Davide, proprio perché Giuseppe aveva deciso di obbedire al decreto. Le leggi da sole non fanno crescere le relazioni; ma se le osserviamo mettendoci dentro il sale dell’amore e la luce della fede, possono persino aiutarci a ritrovare l’essenziale.

Questo Natale è ferito, non c’è dubbio. Per chi ha vissuto e vive esperienze di paura, per chi è reso fragile dalla malattia – non solo dal covid – e per chi ha perduto delle persone care nel corso dell’anno; per chi sperimenta l’apprensione per i propri anziani impossibili da visitare e da abbracciare; per chi, impegnato in prima linea, ha provato il dolore di veder morire i malati, per chi ha perso il lavoro o si è trovato in situazioni familiari difficili… per tutti, insomma, è un Natale ferito. Proprio in questo giorno dell’anno affiorano i nostri sentimenti più profondi, e con essi emerge anche più acuta la mancanza delle persone che avremmo voluto con noi, in casa, a festeggiare.

Ma se il nostro cuore diventa una piccola Betlemme, quel bambino, che nasce in una situazione povera e compromessa come la nostra, ci porta ancora oggi un raggio di luce e di amore. Il nucleo del Natale è proprio questo: il Signore ci visita per farci sapere, non con sole le parole ma con la sua carne, che ci è accanto, che ci ama, che ciò che davvero conta non è il rivestimento esterno del Natale, ma il suo significato intimo: Dio è con noi. È con noi nella notte della fatica e del dolore, facendo balenare una luce; è con noi in mezzo ai decreti, trasformandoli in opportunità per attingere all’essenziale; è con noi nella grotta della paura, alleviando la solitudine; è con noi sulla mangiatoia della fragilità, facendovi spuntare la vita. Proprio questo è il suo nome: Emmanuele, Dio con noi.