Duomo di Modena

Omelia nella Messa in Coena Domini

14 aprile 2022

Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23–26; Gv 13,1-15

Nel testo evangelico di oggi c’è una parola ricorrente, e non è una parola solenne: è la parola è piedi. Si parla una decina di volte di piedi; sono in qualche modo protagonisti della parola di Dio di oggi.

Nella prima lettura, a Mosè si raccomanda di preparare il popolo di Israele – siamo nel XIII secolo a.C. – per l’uscita dall’Egitto, celebrando il rito pasquale, che comportava il pasto dell’agnello, e che poi verrà ripetuto tante volte ed è ripetuto anche oggi nella liturgia ebraica. Ma come devono mangiarlo? In fretta, con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano: perché non deve essere la festa della pienezza, della meta raggiunta, ma deve essere l’alimento del cammino che inizia; i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano sono i segni del pellegrino, dei piedi che devono percorrere tanta strada per arrivare alla meta.

E Gesù lava i piedi ai discepoli, insistendo sulla necessità di compiere questo gesto, tanto che Pietro – lo vediamo rappresentato sul pontile, a sinistra della tavola dell’ultima cena, proprio mentre Gesù gli lava i piedi – rifiuta che Gesù si abbassi fino a questo punto… e Gesù gli risponde: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Pietro fatica ad accettare che Gesù arrivi fino ai suoi piedi, perché rifiuta che il Maestro si faccia schiavo; lavare i piedi era infatti il compito dello schiavo appena assunto in casa e che doveva ancora “fare carriera” fra i servi, cioè colui al quale erano chiesti i lavori più umili, quasi umilianti. E Pietro non accetta che Gesù si umili così tanto da mettersi ai suoi piedi. Ma Gesù fa capire che è venuto proprio per questo: è venuto per abbassarsi fino ai nostri piedi, per renderli puri – come dice nel dialogo successivo con Pietro – per renderli puri perché possano essere in grado di camminare nel pellegrinaggio della vita.

Effettivamente, se noi accogliamo la presenza del Signore che si mette ai nostri piedi, cioè che si offre per noi, che si sbriciola nel pane, che viene versato nel vino, allora non possiamo far altro che usare i nostri piedi, cioè la nostra capacità di camminare, per testimoniare la bellezza dell’essere cristiani: non significa mettersi a fare delle prediche sulla strada, ma che significa testimoniare la serenità di essere stati raggiunti da lui, di averlo incontrato, perché il Signore si abbassa proprio per incontrare tutti.

La solennità dell’introduzione del Vangelo di oggi farebbe pensare a chissà quali avvenimenti. Dice: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo avere amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” … E ci si aspetta una grande rivelazione o un grande miracolo. Seguono invece un grembiule e un catino… e i piedi. Cioè la grandezza dell’opera del Signore sta nel rivestirsi dei nostri panni più umili e nel lavare i piedi; nel farsi vicino a noi specialmente nei momenti in cui i nostri piedi non riescono a muoversi e siamo immobilizzati dalla paura, dalla sofferenza, dalla sfiducia, dalla disperazione. Può succedere che siamo immobili perché non riusciamo più a camminare e ci sembra che l’orizzonte si sia spento, che non ci siano più mete alla nostra portata. La pandemia e la guerra contribuiscono a immobilizzarci, a toglierci la spinta per camminare. Il Signore si umilia ai nostri piedi e ce li lava proprio perché possiamo essere in grado di ripartire. Non dobbiamo rassegnarci alla violenza e al dolore.

Come cristiani il Signore ci ha raggiunto proprio lì; sappiamo che il Signore ci raggiunge proprio ai piedi, cioè nel punto più in basso della nostra vita. Non si spaventa. Il grembiule e il catino lui li porta sempre con sé. Questo mi pare il messaggio della liturgia di oggi: non scoraggiarci nel cammino della vita, anche quando è pesante, anche quando i piedi si gonfiano, anche quando la strada si fa difficile da percorrere, come nel nostro tempo, e come accade spesso nei tanti avvenimenti a volte faticosi che incrociamo nella nostra vita. Non scoraggiamoci. Il Signore è arrivato fino ai piedi, ci vuol rimettere sempre in moto, ci dona sempre questa iniezione di speranza, che è l’apporto dei cristiani al mondo di oggi, senza accodarci alla litania dei lamenti e delle accuse, ma facendo entrare nel nostro cuore, fino ai nostri piedi, la grazia del Signore, venuto a farci capire che nessuno è perduto, ma tutti siamo con lui amici, anche chi lo ha rinnegato, anche chi lo ha tradito.