Inaugurazione dell’anno di preparazione alla Beatificazione
Settantasei anni fa, proprio il 21 di luglio, questa terra era bagnata dal sangue di un uomo: oggi sarà raggiunta dal sangue di Cristo. Settantasei anni fa si levavano urla di odio, oggi si innalzano canti di lode. In quella occasione sembrava prevalere la violenza, una violenza irrazionale, cieca, ideologica: come dice la lapide davanti al corpo di don Luigi, un “odio di parte”. Oggi qui si celebra un amore universale, si celebra la vittoria dell’amore sulla morte. Perché questo è il modo che la Chiesa ha di rispondere all’odio: la celebrazione dell’amore. E se sul momento sembra che l’odio abbia la forza di trionfare, poi lungo la storia ci si rende conto che l’unico trionfo è il trionfo dell’amore e del perdono; ma questo trionfo richiede il dono della vita.
Nel Vangelo abbiamo sentito questa espressione: “Il buon pastore dà la vita per le sue pecore”. Che cosa significa “dare la vita”? Per una madre significa mettere al mondo e custodire. Ma poi dare la vita significa impiegare ogni giorno la vita come offerta per i fratelli. E dare la vita ha un terzo significato: quello che don Luigi e tanti altri martiri, sulle orme di Gesù stesso, hanno incarnato; significa rinunciare alla vita per una violenza inaudita. In tutti e tre questi significati: generare, accompagnare, offrire, dare la vita è un gesto che supera, travalica, e alla fine vince, il gesto di dare la morte. Nella storia vince chi ama.
Don Luigi – lo abbiamo sentito con le parole di Paolo nella prima lettura quando era stato arrestato e pronunciava la sua difesa davanti al funzionario romano – ha proclamato la buona notizia di Gesù senza guardare in faccia a nessuno. L’ha proclamata con forza, con coraggio. Ma chiunque proclama la buona notizia disturba; disturba le coscienze sporche, disturba chi non accetta il confronto e il dialogo; disturba chiunque si muove nella logica del potere e della violenza.
Don Luigi è stato una vittima, ma oggi riconosciamo che è stato, in Cristo, un vincitore; mentre coloro che settantasei anni fa sembravano vincitori oggi non li ricorda più nessuno. Questo è il miracolo della vita: la vita è un torrente sotterraneo che continua a scorrere e che poi riemerge sotto forma di sorgente, mentre la morte è una cascata che fa rumore ma poi si dissolve nell’alveo del fiume.
La vita che don Luigi ha seminato in questa parrocchia di Crocette e non solo, a partire da Fiumalbo sua parrocchia d’origine, questa vita che è stata un ministero sacerdotale “normale”, cioè dedito, quotidiano, attento alle persone, questa vita che lui ha speso generando tanti cristiani e accompagnandoli nei momenti fondamentali della loro esistenza, qui durante il periodo della terribile seconda guerra mondiale, questa vita che lui ha “dato” quando è stato aggredito e ucciso, questa vita oggi vince. La Bibbia chiama questa vittoria con una parola un po’ strana: la vendetta di Dio, quando definisce Dio “vindice”, Dio che si vendica; ma il modo di vendicarsi di Dio non è restituire violenza; Dio si vendica dando misericordia, perdono: la vendetta di Dio è l’amore, è questo che “pareggia i conti” nella storia.
Don Luigi è stato un interprete della figura del buon pastore. Il Vangelo letteralmente dice che questo pastore è “bello”, dunque buono e bello. Gesù si definisce “il pastore bello” che dà la vita. Questo pastore che dà la vita è dunque bello quando è sfigurato, è bello quando è sulla croce: è lì che porta al culmine la sua bellezza; è bello quando (come dice il profeta Isaia) “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53,2). Questo pastore è bello quando si offre. La bellezza cristiana è l’offerta di sé, non è semplicemente una bellezza di forme esteriori, ma la bellezza del cuore. Noi diciamo che una persona è bella, la definiamo proprio “una bella persona”, quando è trasparente, si dona, semina gioia. Oggi celebriamo, in questo senso, una “bella persona”: la persona di don Luigi Lenzini, che si è conformato alla bellezza di Cristo, la bellezza della Croce.
Introducendo la celebrazione, don Roberto ha parlato in maniera appropriata di momento di “gioia, perché noi non stiamo semplicemente commemorando un omicidio efferato: noi stiamo celebrando gioiosamente la vittoria di un martire. Stiamo dicendo che, con Cristo, l’ultima parola non è mai la parola “morte”, è sempre la parola “vita”. L’ultima parola non è mai “odio”, è sempre “amore”. Questa è la vendetta di Dio, questa è la strada della Chiesa.
Il Signore ci aiuti a vivere l’anno di preparazione alla beatificazione di don Luigi, che inizia oggi, con i sentimenti evangelici dell’amore e del perdono. Il trionfo dell’amore: questo mi pare il messaggio più incisivo che il nostro martire ci ha lasciato.
+ Erio Castellucci