Omelia per il giorno di Pasqua

01-04-2018
 
        La festa che oggi celebriamo è la più importante di tutto l’anno. É una festa che riempie di amore i nostri cuori, infonde un’immensa gioia e suscita una grande speranza. Il brano di vangelo che abbiamo ascoltato ci riferisce i fatti che sono accaduti la mattina della domenica di Pasqua. Maria Maddalena si reca al sepolcro. Il testo evangelico si preoccupa di sottolineare che “era ancora buio”. Il buio non indica solo un dato cronologico, ma la situazione spirituale di Maria Maddalena. É buio perché lei e tutti gli altri, amici e nemici, sono persuasi che la morte abbia trionfato ancora una volta. Con la morte tutto è finito. Essa ha inghiottito anche il profeta di Nazareth che aveva suscitato tante speranza: “Noi speravamo”. E che la “notte spirituale” avesse invaso anche il cuore di Maria Maddalena non c’e dubbio. Essa, infatti, e alla ricerca del corpo di un morto.
        Quando giunge alla tomba trova una sorpresa: la pietra che chiude il sepolcro e stata ribaltata. E corre a portare la notizia agli apostoli rinchiusi nel cenacolo. I sentimenti che agitano il suo cuore e la sua mente, anche se non ci vengono detti, si possono intuire dalle parole con le quali si rivolge a Pietro e a Giovanni. Ai discepoli non dice: “la pietra e stata tolta”, ma “hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. É la corsa della disperazione e quindi della non-speranza. Maria e ancora del tutto prigioniera di una logica umana: se la tomba e aperta la prima cosa che viene da pensare e che qualcuno ha portato via il cadavere. Sono parole che esprimono smarrimento, solitudine, nostalgia di Cristo.
        Alla notizia del sepolcro scoperchiato anche Pietro e Giovanni corrono al luogo della sepoltura di Cristo per verificare il racconto della donna. Il primo che entra nel sepolcro e Pietro. Guarda e capisce che qualcosa di veramente strano e accaduto all’interno di quella tomba.  Se il corpo di Gesù fosse stato rubato, i ladri l’avrebbero preso con tutti i lini e il sudario che avvolgevano il cadavere. Invece, i teli erano per terra e il sudario piegato in un luogo a parte. Nulla fa pensare a una manomissione del sepolcro, ad una profanazione della tomba, al furto di un cadavere.
        Quando anche l’altro discepolo entra nel sepolcro, vede le stesse cose, ma ha un’illuminazione e capisce. Il corpo di Gesù non è stato rubato; Gesù ha ripreso vita, una vita diversa da quella che conduceva prima, una vita in cui i teli e il sudario non hanno più nessuna utilità. Ha ottenuto una vita nuova. É risorto. È vivo per sempre! E proprio per questo è incontrabile da ogni uomo in ogni tempo. Ecco l’originalità assoluta del cristianesimo, che lo distingue da qualsiasi altra religione: Dio è con noi, Dio è nostro compagno di viaggio; è l’Amore verso cui stiamo andando; è l’Amico che ci viene incontro per dirci che la morte e la sofferenza non sono l’ultima parola della nostra esistenza.         L’augurio che oggi ci scambiamo: “Buona Pasqua” ci deve aiutare a prendere coscienza che Cristo è risorto per ciascuno di noi, per liberarci dalla schiavitù del peccato ed innalzarci alla meravigliosa dignità di fi gli di Dio. Se siamo fi gli di Dio, siamo suoi, se siamo suoi, siamo in buone mani, se siamo in mani che non tradiscono per noi è possibile la speranza, la gioia e la pace, perché niente e nessuno potrà strapparci dalle mani amorose del Signore. San Paolo nella seconda lettura rivela le conseguenze della resurrezione di Cristo per la nostra vita. Afferma che con il Battesimo noi, in un certo senso, siamo già risorti con Cristo perché la vita divina ci ha già raggiunti e trasformati interiormente.
        Dal Battesimo sgorga l’impegno a corrispondere alla grazia straordinaria che abbiamo ricevuto. Paolo afferma: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Cosa intende l’Apostolo con l’espressione le cose di lassù? Non è un invito a vivere tra le nuvole, ma a non perdere di vista la meta a cui siamo diretti. Non bisogna abituarsi alla terra. Non devono le nostre speranze abbassarsi ad un illusorio paradiso terrestre, ma coltivare la consapevolezza che la nostra vita trae il suo significato e il suo valore non nella cupidigia o nelle sole soddisfazioni materiali, ma dall’unione con Cristo nell’amore. Le cose di lassù che dobbiamo cercare, dunque, acquistano un risvolto molto concreto. Siamo chiamati a vivere in modo degno del Signore, il quale ha dato la vita per noi. Questa è la Pasqua che il Vescovo augura a voi e a se stesso!
+ Francesco Cavina